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Il Museo di San Gennaro

Museo di San Gennaro

Per la città il tesoro di San Gennaro è del Santo. Come se fosse il suo patrimonio posseduto in vita e lasciato in eredità ai suoi fedeli, in realtà il vescovo di Benevento non era particolarmente ricco e si mostrò sempre dalla parte degli umili e di giusti. A questo altruismo si deve la sua morte, durante le persecuzioni anti cristiane di Diocleziano, nella seconda metà del III secolo. In realtà si tratta dei doni dei fedeli, fatti realizzare apposta o affidati al Santo come ex voto.

Il vescovo di Benevento Gennaro, non ancora santo, conosceva bene il diacono Sossio, che guidava la comunità cristiana di Miseno, il quale fu incarcerato dal giudice Dragonio, proconsole della Campania. Gennaro saputo dell’arresto di Sossio, volle recarsi insieme a due compagni, Festo e Desiderio, a portargli il suo conforto in carcere. Dragonio, informato della sua intromissione, li fece arrestare provocando le proteste del popolo che dimostrava simpatia verso i prigionieri e, prevedendo disordini, il 19 settembre del 305 fece decapitare i prigionieri.

I Gioielli del Tesoro di San Gennaro, capolavori di inestimabile valore artistico ed economico, frutto della grande maestria e dell’arte degli orafi di Scuola napoletana, sono i manufatti che ricchi cittadini, devoti al Santo, hanno negli anni donato e sono custoditi nel cuore del centro storico di Napoli, al Duomo.

Mitra Museo San Gennaro
Mitra Museo San Gennaro

Si possono ammirare la meravigliosa Collana di San Gennaro, iniziata nel 1679, è composta di tredici grosse maglie in oro massiccio, dalle quali pendono croci tempestate di zaffiri e smeraldi. Sulla Mitra d’argento dorato, risalente al 1713, sono incastonati 3694 rubini, smeraldi e brillanti. Il Manto di San Gennaro è letteralmente coperto di pietre preziose e di smalti raffiguranti le insegne araldiche del casato. Il Calice d’oro, realizzato da Michele Lofrano nel 1761, è tempestato di rubini, smeraldi e brillanti. La Pisside, un calice con coperchio per le ostie, è in argento dorato ma è costellata di cammei e di decorazioni in malachite, così come la volle realizzare il famoso orafo Domenico Ascione di Torre del Greco, la patria del corallo lavorato.

Tesoro del Museo di San Gennaro
Tesoro del Museo di San Gennaro

Questi sono solo alcuni degli straordinari capolavori donati al Santo Patrono di Napoli ed esposti nel Museo del Tesoro di San Gennaro.

Un discorso a parte merita la Mitra gemmata, realizzata dall’orafo napoletano Matteo Treglia, nel 1712 su ordinazione della Deputazione della Cappella del Tesoro di San Gennaro. All’artista fu posta, però, una condizione: che la realizzazione della Mitra in onore del Santo Martire, fosse posta sul suo trecentesco busto reliquario, in tempo per la processione dei festeggiamenti che si sarebbero tenuti nell’aprile del 1713. Altrimenti non sarebbe stato pagato. Il maestro, però, si avvalse del contributo di tutti i migliori artigiani del Borgo degli Orefici di Napoli, che trasformarono la Mitra in una inestimabile opera collettiva composta in tutto da 3692 pietre, di cui 3326 diamanti, 198 smeraldi e 168 rubini. L’opera, consegnata in tempo, è completata da due ali adornate da gemme preziose nella loro parte anteriore e incisioni interne raffiguranti le ampolle e l’immagine di San Gennaro.

Fu Carlo II d’Angiò, a trovare una custodia per proteggere per l’eternità il sangue di San Gennaro, incaricando i maestri orafi francesi Stefano Godefroy, Guglielmo di Verdelay e Milet d’Auxerre di realizzare sia un busto-reliquiario in argento dorato per contenere sia la testa sia le ampolle con il sangue del santo.

Ma come nasce la tradizione del sangue di San Gennaro? Una donna molto credente di nome Eusebia avrebbe conservato due ampolline con il sangue del martire e, prima di morire, le avrebbe affidate alla Chiesa di Napoli. Il culto per il Santo si diffuse sempre di più con il trascorrere del tempo, per cui fu necessario l’ampliamento della catacomba che va da Capodimonte alla Sanità, dove veniva venerato di nascosto dal popolo. Affreschi, iscrizioni, mosaici e dipinti, rinvenuti nel cimitero sotterraneo, dimostrano che il culto del martire era vivo sin dal V secolo, tanto è vero che molti cristiani volevano essere seppelliti accanto a lui e le loro tombe erano ornate di sue immagini.

Storia e Significato delle Reliquie di San Gennaro

Va notato che già nel V secolo il martire Gennaro era considerato ‘santo’ secondo l’antica usanza ecclesiastica, canonizzazione poi confermata da papa Sisto V nel 1586. La tomba divenne meta di continui pellegrinaggi per i grandi prodigi che gli venivano attribuiti. Nel 472, ad esempio, in occasione di una violenta eruzione del Vesuvio, i napoletani accorsero in massa nella catacomba per chiedere la sua intercessione, iniziando così l’abitudine ad invocarlo durante le calamità naturali e le epidemie.

Nel 512, il vescovo di Napoli Stefano I, fece costruire in suo onore, accanto alla basilica costantiniana di Santa Restituta, prima cattedrale del capoluogo, una chiesa detta Stefania, sulla quale verso la fine del secolo XIII, venne eretto il Duomo. Qui furono riposte, nella cripta, il cranio e la teca con le ampolle del sangue. Questa provvidenziale decisione, preservò le suddette reliquie dal furto operato dal longobardo Sicone che, durante l’assedio di Napoli dell’831, penetrò nelle catacombe, asportando le altre ossa del santo che furono portate a Benevento, sede del ducato longobardo, solo in seguito restituite.

L’Arte e la Storia della Cappella del Tesoro

Nel 1646 il busto d’argento con il cranio e le ormai famose ampolline col sangue, furono poste nella nuova artistica Cappella del Tesoro, ricca di capolavori d’arte d’ogni genere. Le ampolle erano state incastonate in una teca preziosa fatta realizzare da Roberto d’Angiò, in un periodo imprecisato del suo lungo regno (1309-1343). La teca assunse l’aspetto attuale nel XVII secolo. Racchiuse fra due vetri circolari di circa dodici centimetri di diametro, vi sono le due ampolline, una più grande di forma ellittica schiacciata, ripiena per circa il 60% di sangue e quella più piccola cilindrica con solo alcune macchie rosso-brunastre sulle pareti; la liquefazione del sangue avviene solo in quella più grande. Le altre reliquie poste in un’antica anfora, sono rimaste nella cripta del Duomo, su cui s’innalza l’abside e l’altare maggiore della grande Cattedrale.

La Liquefazione del Sangue di San Gennaro

Il miracolo della liquefazione del sangue si compie tre volte l’anno: nel primo sabato di maggio, quando il busto ornato di preziosissimi paramenti vescovili e il reliquiario con la teca e le ampolle, vengono portati in processione, dal Duomo alla Basilica di Santa Chiara, in ricordo della prima traslazione da Pozzuoli a Napoli. Qui, dopo le rituali preghiere, avviene la liquefazione del sangue raggrumito.

La seconda avviene il 19 settembre, ricorrenza della decapitazione. Una volta, nella Cappella del Tesoro, ma per il gran numero di fedeli il busto e le reliquie sono oggi esposte sull’altare maggiore del Duomo, dove il cardinale arcivescovo, al cospetto di autorità civili e fedeli, attende che si compia il prodigio tra il tripudio generale.

La terza liquefazione avviene il 16 dicembre, in memoria della disastrosa eruzione del Vesuvio nel 1631, bloccata dopo le invocazioni al santo. Il prodigio così puntuale, non è sempre avvenuto, esiste un diario dei Canonici del Duomo che riporta nei secoli, anche le volte in cui il sangue non si è sciolto, oppure si è sciolto con ore e giorni di ritardo oppure, a volte, è stato trovato già liquefatto prima ancora di celebrare i riti propiziatori.

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