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Lo street food napoletano: un fenomeno gastronomico

| Mattia Serrone | ,
Street Food Napoletano

Napoli in questi anni ha saputo accogliere al meglio l’affluenza turistica che l’ha assediata e lo ha fatto evolvendosi, studiando e attuando, nonché riproponendo, nel miglior modo possibile, quella cucina tanto povera ma al contempo tanto decantata da personaggi di fama quali Vincenzo Corrado, nonché lo studioso Ancel Keys, della traduzione.

Inventiva Napoletana

L’idea funzionale è stata proprio quella di utilizzare al massimo ingredienti come ortaggi, legumi e grano, con prezzi mediamente modesti, esaltando al massimo il loro saporo. Il vero e proprio savoir-faire dei napoletani, nonché la fonte del reddito, è proprio lo storytelling, l’esposizione, e lo stesso gioco di parole derivate dal dialetto napoletano, che incuriosisce il turista a scoprire e ad abbandonarsi a trecentosessanta gradi in questa immersione culturale.

Napoli, al giorno d’oggi, non è più esclusivamente “la città della pizza del sole e del mandolino”, ma adesso si fa forza di un genere molto più ampio che trova forse la sua massima realizzazione proprio in quel ragù domenicale ancor oggi preparato. La chiave di volta sono i piatti poveri, parte integrante della tradizione, offerti però in una maniera rivisitata. La gente accorre da ogni angolo del mondo pur di degustare la cucina napoletana, nonché la pizza stessa, ovviamente. Questo prodotto, però, è forse quello che ha subito il più drastico dei cambiamenti. Anche la pizza, infatti, si è vista investire da quella riforma che la stessa cucina aveva subito trent’anni or sono: l’introduzione del termine e del concetto di gourmet. Ebbene questo fenomeno ha diramato la visione della pizza, dividendola così in due macro-arie: la pizza a “ruota di carro” e la nuova versione di pizza 2.0, detta anche “pizza a canotto”.

La prima versione è quella storica e che tutt’oggi viene offerta nella medesima forma, nella pizzeria centenaria Da Michele, con una filosofia ben precisa: datosi che l’offerta della pizza a “ruota di carro” si limita alle due pizze di margherita e marinara, l’idea vuole essere quella di trasmettere la continuità di una tradizione che ha un legame quasi viscerale con questo popolo. I cultori di questa tipologia di pizza ritengono inoltre impropria la seconda versione. La pizza 2.0 infatti, nasce invece con l’idea di creare qualcosa di sofisticato nonché provare a dare un tocco di  innovazione in termini di impasto con la sua alta idratazione e digeribilità. Questa versione è volta ad offrire percorsi di degustazione, attraverso pizze con condimenti studiati e ricercati, con l’obiettivo di affascinare e stupire il commensale grazie l’exploit di sapori (Mattozzi & Mattozzi, 2021).

Lo street del food napoletano

L’evoluzione culinaria però non si è limitata solo a questa categoria ed ha investito anche tutta Via Toledo, la famosissima via del centro storico di Napoli che potrebbe essere definita  “Via del fritto” per la quantità di street food li presenti. I crocche, i cuoppi di alici e gamberetti, le frittatine, qui, in questa via, la fanno da padrone; per non parlare poi delle pizzette e delle montanare. Il tutto rigorosamente fritto in un vero e proprio peccato di gola, piacere che, almeno una volta nella vita, bisogna togliersi. Altro settore che ha altrettanto saputo crearsi il proprio spazio è quello della pasticceria napoletana. Sfogliatella e babà sono i capostipiti indiscussi, ed in alcuni casi, sono anche offerti in una maniera totalmente innovativa (profana per i più innovativi). 

È questo il caso della sfogliatella salata del brand “Cuori di sfogliatella” che ha saputo diversificare il mercato. Ciò che ha preso realmente quota però sono i fiocchi di neve di “poppella”, una pasta brioche molto soffice con crema dagli ingredienti sconosciuti ed una spolverata di zucchero a velo. Nonostante sia un prodotto nato durante la Seconda guerra mondiale nei rifugi sotterranei, è negli ultimi anni che ha preso valore.

Ritorno alle origini

Il dulcis in fundo lo si deve poi alla riscoperta della “gassosa a coscie aperte” un vero e proprio toccasana per uno stomaco allo stremo delle sue capacità. Una bevanda fatta di acqua, succo di limone, con un pizzico di bicarbonato, aggiunto all’ultimo dall’acquafrescaio con un gesto veloce e deciso, e poi servito in fretta al cliente, che deve sbrigarsi a prendere posizione per evitare che la reazione tra limone, acqua gassata e bicarbonato faccia fuoriuscire tutta la bibita. È chiamata così per via della posizione che bisogna assumere perché il bicchiere colmo fino all’orlo non si rovesci sui pantaloni tocco magico degli acquafrescai[1](www.gamberorosso.it), in grado di sturare le vie metaboliche e riequilibrare lo stomaco. Ritrovata la lucidità, ma rimasta la stanchezza, la si può poi risvegliare con quella “tazzulell’ ‘e cafè” cantata dall’egregio Pino Daniele.


[1] Acquafresciaio: venditore di acque e di diversi tipi di bevande

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Mattia Serrone