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Autore: Mattia Serrone

La pizza fritta: l’oro di Napoli                       

La pizza fritta è uno dei tanti street food napoletani, radicati oramai da secoli, nella cultura partenopea. La sua origine risale a periodo del dopoguerra. 

Napoli si reinventa                                                                   

Durante la Seconda guerra mondiale, Napoli venne bombardata dai tedeschi, distruggendo così grande parte del centro abitato, e botteghe annesse. La perdita più dura però, fu proprio legata ai forni a legna, dai quali si sfornavano le pizze napoletane, che all’epoca erano fonte di sostegno per il popolo. La città era in balia del caos, non troppo distante, da possibili “pesti e carestie”, che fortunatamente non arrivarono mai, grazie all’inventiva delle donne napoletane, che idearono quella che noi oggi definiremmo pizza fritta; lo stesso impasto della pizza napoletana, ma piuttosto che essere cotta nel forno a legna, essa veniva, come d’altronde tutt’oggi fritta nell’olio. Questa prelibatezza, di color oro, fu un’ottima alternativa, oltre ad aumentare visivamente il senso di sazietà dei napoletani, dettata dalla sua voluminosità, dovuta proprio alla tecnica di cottura.

Pizza fritta “made in Quartieri Spagnoli”

L’epicentro di questa pietanza, sono sicuramente i rioni popolari di Napoli, tra cui i Quartieri Spagnoli. Qui, precisamente in Via Speranzella, l’anima autentica dei quartieri dove, fra panni stesi, ragazzini che giocano e motorini che sfrecciano, si può rivivere dell’aria Andalusia l’odore delle sue friggitrici di strada; si capisce perché Montesquieu disse: ”a Napoli il popolo è più popolo che altrove”. Tutt’oggi la pizza fritta è parte integrante della nostra cultura, incorporando aspetti della dieta mediterranea, come la convivialità. Consumare questo prodotto nei vicoli napoletani, preparati dalle nonne partenopee, in quelli che secondo la dialettica locale sono definiti “vasci” permette ai turisti di congiungersi col cuore della città.

La storia delle tre “P”

Questa leccornia, viene consumata come da tradizione con la farcia delle tre “p”, ovvero provola, pomodoro e pepe. Col passar degli anni, ci sono state tante varianti, soprattutto col boom economico, che ha portato nella vita della prole, alimenti che fino ad all’ora potevano essere solamente immaginati. Da quel momento si iniziò ad aggiungere alla squisitezza partenopea ciccioli di maiale e ricotta, due ingredienti che non sono più usciti dal cuore dei napoletani. Puoi allontanare un napoletano dalla pizza fritta, ma non potrai mai allontanare una pizza fritta da un napoletano.

Le Tore: dall’agricoltura al turismo sostenibile

Le Tore, Azienda Agricola Biologica, Agriturismo e Bed and Breakfast, a Massa Lubrense, Sant’Agata dei due Golfi, è una masseria dell’800 sospesa fra l’azzurrità infinita di un cielo a due mari, che mantiene integra la ruralità e lo splendore georgico di questo luogo incontaminato adibito oggi come azienda agricola locale.

Ritorno al Passato

Dal 1995 i terreni sono coltivati in regime di agricoltura biologica, presentando oliveti, meleti, vigneti e orti. La produzione dell’azienda è incentrata principalmente su olio DOP Penisola Sorrentina, vino DOC, frutta, ortaggi e prodotti homemade. La qualità del prodotto è indiscussa quando alla base coesiste una forte conoscenza dei processi produttivi ed una continua evoluzione del settore dell’agronomia. Trascorrere un week-end in un’una struttura del genere, significa lasciarsi trasportare in un’epoca trapassata, affiorando ricordi e suggestioni di un tempo oramai andato, ahimè lontano dalla visione progressista del nostro secolo. Soggiornare in questi territori paesaggistici e naturalistici, permette al visitatore stesso di ricongiungersi con “Madre Natura” dimenticando per un attimo quella che è l’urbanizzazione quotidiana, rammentando valori ed aspetti campestri.

Valori Astratti

Gli aspetti utopici di questa meta sono certamente un punto di forza, il solo pensiero di trovarsi in uno dei territori più seducenti dell’intero pianeta, lo rende già di per sé raro e difficile da imitare. Lo stesso Norman Douglas, rinomato scrittore britannico, ne decanta le sfaccettature uniche nel suo libro “la terra delle sirene”. Svegliarsi col rumore delle cicale, respirare aria pura, passeggiare lungo le vie dei monti lattari, essere in lunghezza d’aria, vicini a località come Positano, Amalfi, Nerano, aumenta certamente il valore. L’espressione più affascinante però è, al calar della sera, quando si è tutti a tavola insieme, davanti a del buon cibo e vino a “metro” 0, magari con una chitarra portata con sé, per rivivere a pieno come anche la famosa Gianna Nannini ci rammenta, una di quelle “Notti magiche sotto il cielo di un’estate italiana”.

Una visione verso il futuro

Le Tore a Sorrento

L’azienda si impegna a tutelare l’ambiente mediante collaborazione con il FAI (Fondo Ambiente Italiano) e con la proprietà FAI della Baia di Ieranto. Adotta un turismo ecosostenibile, con uno sguardo al futuro, con tecniche agronomiche innovative e mirate. Sarebbe bello vedere iniziative, come fattorie didattiche, congressi e tour itineranti per la penisola sorrentina. È importante quindi la cooperazione da parte delle altre attività, intraprendendo un percorso di crescita insieme, verso un’unica direzione, la valorizzazione di questi luoghi fatati.

Eruzione del gusto

Eruzione del gusto è il nome dell’evento tenutosi dal 7 al 10 ottobre all’interno del museo nazionale di Pietrarsa, nonché la prima ferrovia dello stato inaugurata il 3 ottobre 1839 durante l’epoca del Regno delle Due Sicilie. Inizialmente la tratta era lunga 7.411 metri e congiungeva Napoli a Portici, dov’era situata la dimora borbonica.

Un viaggio che parte dalla Campania

Degustazioni all'Evento del Gusto

Questa manifestazione è stata organizzata da Oronero un’Associazione nazionale senza scopo di lucro, democratica, di promozione culturale e sociale. Oronero promuove lo scambio culturale tra i popoli per lo sviluppo economico pacifico, ponendo centralità a quelli che vivono nelle aree Vulcaniche del pianeta, promuovendo i valori, le peculiarità, la ricchezza ambientale delle Terre Vulcaniche e delle aree Marine Vulcaniche. Partendo dal Vesuvio, promuove l’incontro con altri popoli e tutte le possibili relazioni e le forme di simbiosi che nel corso del tempo essi hanno sviluppato con il Vulcano. Le collaborazioni sono state molteplici, dal dipartimento di agraria della Federico II, il CREA, BIE, comune di Napoli, regione Campania e tante altre.

Tra i piaceri della gola dei popoli del Mediterraneo

Un viaggio “saporito” accompagnato da un racconto esplicativo dei “vizi” culinari, dove si è potuto degustare prodotti tipici accompagnati dalla suggestiva atmosfera che si respirava all’interno del museo. Un’esperienza sicuramente formativa dove si è potuto conoscere tante realtà consolidate negli anni, ma anche tante piccole imprese che si sono volute mettere in gioco con iniziative innovative e sostenibili. Questi quattro giorni sono stati un ottimo modo per contribuire a costruire una nuova consapevolezza della cultura alimentare, favorendo le produzioni agroalimentari d’eccellenza.  Eruzione del gusto è stato uno spazio dove celebrare, attraverso il cibo, il sapere degli uomini, la cultura dei popoli e la loro diversità.

La storia attraverso i prodotti

I temi trattati sono stati molteplici, come le figure alle quali è stato chiesto di intervenire nei vari dibattiti. Il settore dell’enologia è stato trattato da Luigi Moio, presidente mondiale dell’OIV, mentre a Tommaso Luongo Presidente AIS Campania è stata affidata la masterclass. È stato possibile anche assistere a degli show cooking come quello del docente universitario Raffaele Sacchi, accompagnato dai su ex alunni. Molto toccante il momento delle premiazioni, dove sono state omaggiate ad honorem delle targhe all’attuale rettore della Federico II, nonché promotore del neo-corso di laurea “Scienze Gastronomiche Mediterranee” ad Alfonso Iaccarino e Gennaro Esposito, due pietre miliari della storia gastronomica campana. Queste attività formative rappresentano lo stimolo giusto per continuare in questa direzione, per un mondo più sostenibile e territoriale.

Oktoberfest a Napoli tra birra, cibo, musica e divertimento

L’oktoberfest è un festival popolare svolto a Monaco di Baviera, in Germania, nonché la più grande fiera del mondo con circa 6/7 milioni di turisti ogni anno. L’evento si svolge nell’arco di 16 giorni, ma in alcuni casi può durare anche 17/18 giorni. La città si prepara a vivere un momento di festa, allestendo stand, lunapark e servendo le sei marche di birra storiche (Paulaner, Spaten, Hofbräu, Hacker-Pschorr, Augustiner e Löwenbräu).

Oktoberfest: la Storia

Questa tipica usanza bavarese nasce intorno al 1810, in occasione dell’unione tra il principe ereditario Ludwig e la principessa Therese, che li vide partecipare ai lunghissimi festeggiamenti. Bisogna aspettare però il 1819 affinché la si potesse definire una festa annuale. Col passar degli anni il numero di attrazioni aumentò, un esempio è la “statua della Bavaria”, alta all’incirca 20 metri. Oggi giorno possiamo constatare che questa festività ha esteso i suoi confine, divenuta iconica e festeggiata ovunque.

Oktoberfest a Napoli Centro Direzionale

Una festa locale, diventata mondiale

Tra i tanti palcoscenici, anche Napoli apre le danze all’Oktoberfest. Da mercoledì 5 a domenica 9 ottobre, 60 stand tra birrifici nazionali ed internazionali, di prodotti tipici bavaresi e della tradizione italiana animeranno il cuore moderno della città, il centro direzionale. l’Assessore Enrico Panini dichiara: “Stiamo lavorando affinché la città di Napoli sia sempre più palcoscenico di eventi enogastronomici durante tutto il corso dell’anno, coinvolgendo non solo le piazze e le strade più conosciute e frequentate del centro ma valorizzando anche le aree più periferiche.
Gli eventi legati al cibo e alle eccellenze agroalimentari della nostra terra si rivelano essere grandi occasioni di sviluppo economico per la città. Parole importanti quelle appena lette, che ci fanno intendere su quanto Napoli sia in fase di crescita, soprattutto su quanto la distanza da Monaco seppur elevata, venga abbattuta con l’aria tedesca che si respirerà nella metropoli campana.

La Birra è unione

“Se uomo ama donna più di birra gelata davanti a tv con finale di champions forse è vero amore, ma non vero uomo.” Questa frase molto spesso attribuita al calciatore e allenatore di calcio jugoslavo Vujadin Boškov, ci fa riflettere su quanto l’uomo abbia un rapporto intrinseco con questa bevanda. La sua scoperta risale circa ai tempi degli egizi; questa bevanda ha subito circa 5000 anni di peripezie, nonostante ciò, resta il prodotto più consumato vicino alla nostra iconica pizza napoletana. La birra è una bevanda alcolica, il quale abuso come per tutto, può portare a condizioni gravi, ma che in dosi ragionevoli, è in grado di regalare alle papille gustative dei consumatori stessi, momenti di estasi, soprattutto se abbinato ai piatti giusti.
Concludo proprio con una frase ricorrente del popolo egizio, inventore di questo eccellente prodotto:” La bocca di un uomo completamente felice è piena di birra.”

Festa dei nonni: l’influenza nella gastronomia

Il 2 ottobre la società urbanizzata si è apprestata a vivere un altro trend, la festa dei nonni, un doveroso riconoscimento, con l’intento di ripagare tutti gli insegnanti di vita trasmessi senza mai chiedere nulla in cambio, soprattutto se si parla di cucina.

Dove ci sono i nonni, c’è un pasto caldo, dove c’è un pasto caldo c’è casa.

A chi non è mai capitato di avere una giornata no, andare a casa dei propri nonni, consumare il proprio piatto preferito rigorosamente fatto in maniera tradizionale, dimenticando per un attimo ciò che ci passa per la mente? La cucina è sicuramente la dimostrazione d’affetto più grande che ci possa essere, dice in una intervista lo chef Antonino Cannavacciuolo, alla quale non possiamo fare altro che confermare questa  tesi.

l’influenza dei nonni nella gastronomia

Nell’evoluzione della gastronomia campana, c’è sicuramente tanta contaminazione dei nostri cari nonni; se solo si pensasse alle nuove generazioni ed ai nuovi format di cucina, potremmo intravedere quanto la cucina rivisitata odierna, altro che non è, una cucina tradizionale evoluta. La riscoperta della materia prima, lo stretto rapporto tra produttore e consumatore, le tecniche di cottura blande per non rovinare la purezza degli alimenti; sono tutte azioni che erano quasi routine per i nostri progenitori. Queste figure, non solo ci hanno aiutati in una buona educazioni alimentare, uno dei più grandi problemi oggi giorno per insurrezione di malattie cancerogene, ma ci hanno anche insegnato cosa significhi consumare un piatto di pasta in famiglia, riscoprendo e trasmettendo alle future generazioni uno degli aspetti più importanti della dieta mediterranea: la convivialità; mi sento in dovere di citare una delle frasi più iconiche di Plutarco:” Noi non mangiamo e beviamo, ma mangiamo e beviamo insieme”.

Dove mangiano tre, mangiano anche quattro

Questa è una delle frasi più sentite al sud, che ci fa riflettere su quanto riescano a fare economia alimentare, azzerando qualsiasi forma di spreco; la domanda poi sorge spontanea, ma quanto erano avanti i nostri nonni? Lo spreco alimentare oggi giorno riuscirebbe a soddisfare circa tre volte quella che anche dall’OMS, viene definita fame nel mondo, purtroppo però tra il dire ed il fare c’è ancora un gap troppo distante. Questa soluzione non incide però solo sulla carenza di cibo nel mondo, ma anche in termini di sostenibilità, forse il tema più discusso negli ultimi anni; spreco zero, significa riciclo a 360 gradi, che in termini di benefici li traduciamo nella possibilità di garantire alle future generazioni lo stesso stile di vita che noi abbiamo oggi. Non ci tocca fare altro quindi che ringraziare queste figure portanti della nostra vita, per averci insegnato indirettamente da dove ripartire, per un mondo migliore e più sano.